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Popolarmente noto come “Arcacci”, l’Acquedotto Alessandrino si incastona tra le moderne costruzioni di Torre Angela

Torre Angela e i suoi “Arcacci“: vi siete chiesti cosa sono? Percorrendo via di Torrenova, incrocio con via Maglie, una struttura antica cattura la nostra attenzione. Ci concentriamo meglio; sono gli archi di un acquedotto, l’Acquedotto Alessandrino.

Notiamo come questi resti antichi si incastonino perfettamente con gli esercizi commerciali presenti sulla via: un’autocarrozzeria e un bar. Non è una novità, direte, né una rarità visto che Roma è un monumento a cielo aperto. Qui però l’acquedotto sembra essere un ninja che si mimetizza per non essere scoperto. E lo fa con le sue arcate inglobate nelle moderne costruzioni di Torre Angela. Lo notiamo anche su via Squinzano, incrocio con via Maglie e via Cisternino. Sarà un caso che il lato ovest di via di Torrenova è denominato proprio “Arcacci”?

Ma vediamo un po’ di storia. L’acquedotto Alessandrino, ultimo grande acquedotto di Roma, fu fatto costruire dall’imperatore Alessandro Severo (222-235 d.C.), per rifornire le terme del Campo Marzio edificate da Nerone, intorno al 62 d.C. Queste furono ristrutturate dallo stesso Severo assumendo la denominazione di Terme Alessandrine.

L’intera struttura dell’acquedotto aveva una lunghezza di 22 chilometri circa, più o meno come l’Acquedotto dell’Acqua Vergine; la sorgente era situata presso Pantano Borghese, al XIV miglio dell’antica via Prenestina.

Il percorso era tutto in speco sotterraneo fino alla tenuta di Torre Angela e attraversava diverse zone: il fosso dell’Osa, la tenuta di Borghesiana, Tor Tre Teste, Casa Calda, Centocelle (qui gli archi raggiungevano 25 metri dal suolo), Tor Pignattara, la via Labicana fino a Porta Maggiore, dove c’era la piscina limaria. Quest’ultima era il bacino di decantazione per la purificazione delle acque. Il condotto era in speco sotterraneo fino al Campo Marzio.

Sara Fioravanti

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